L'icona e il santuario

BREVE STORIA

dell’ICONA e del SANTUARIO

Il Santuario della Madonna di Galloro conta ora 400 anni di presenza nella comunità di Ariccia.
L’Immagine Sacra di Maternità Mariana ha una datazione incerta risalente verosimilmente fra la fine del XV sec. ed il corso del XVI sec. Le antiche indicazioni che la fanno risalire ai primi
dell’anno mille non sono congruenti con le poche informazioni che si possono raccogliere su disparati racconti che, pur scarni e con diversi riferimenti, indirizzano a considerare realistica
una datazione più recente.
L’Immagine fu dipinta da un ignoto autore su uno strato di lieve intonaco steso su uno sperone roccioso di peperino a metà circa del valloncello fra ‘Monticella grande e Monticella piccola’ attualmente chiamati Colle di Galloro e Colle Pardo. Il luogo oggi è ricordato da una piccola cappella, nel suggestivo contesto ambientale che isola il visitatore dal frastuono della vita corrente, con copia della Immagine e viene indicato come La Memoria.
L’Immagine della Madonna, che reca in braccio il Bambino Gesù benedicente alla latina e reggente sul cuore il Globo, ha nella mano sinistra un ramoscello senza spine con tre rose a simbolo del suo Immacolato Concepimento. Una corona di 13 stelle circonda l’immagine.
Perciò, sin dall’inizio, il Santuario fu dedicato alla Immacolata Concezione come fu rinvenuto nello scritto di una delle pietre a fondamento.

Icona sull’Altare Maggiore

Nulla sappiamo della venerazione e frequentazione del luogo in cui fu dipinta l’Immagine, né delle motivazioni. Solo congetture sono state avanzate nel passato. Abbiamo informazione certa che la signora di Ariccia Artemisia Savelli frequentasse con devozione il luogo sullo scorcio della fine del 1500, nel 1594, e che volesse erigere una cappella con indicazione della casata, ma non se ne fece nulla per avversione del Capitolo della Chiesa di Ariccia. Discussioni legali sono documentate ancora verso il 1616-18. Il luogo abbandonato, non ignoto, ma non più frequentato e poco accessibile, nel frattempo venne celato dai rovi e dalla prorompente vegetazione favorita dalla intensa umidità ambientale. Secondo la tradizione locale e notizie dei primi redattori di informazioni, non sempre coerenti, una possibile narrazione degli eventi può dirci che a metà marzo del 1621, Sante Bevilacqua, un ragazzo toscano abitante ad Ariccia, pascolando le pecore, cercando erbe commestibili, intravide l’Immagine tra i rovi. Per diversi mesi l’evento restò confinato alla frequenza di ragazzi che ‘liberarono’ infine l’Immagine dando fuoco a sterpi e rovi. Un risveglio della devozione popolare si concretizzò a seguito di un evento, il 9 febbraio 1622 primo giorno di quaresima, mentre si ascoltava la predica, la chiesa di Ariccia fu investita da una tempesta che fece rovinare il campanile ed un fulmine investì l’interno lasciando solo tracce di bruciatura, come di stella mal formata, sulle braccia; per questo, quelle bruciature sembrarono riprodurre le stelle dell’Immagine del fosso. Molti pensarono all’intervento salvifico della Madonna dell’Immagine, altri attribuirono la salvezza alla martire Santa Apollonia di cui quel giorno ricorreva la festività. Il Capitolo della Chiesa d’Ariccia preferì questa attribuzione per cui operò perché Santa Apollonia fosse dichiarata Patrona della cittadina. Comunque, il 3 maggio 1623 il canonico di Ariccia Polidoro Polidori inaugurò, recandosi con solenne processione, una cappella per la Sacra Immagine fatta costruire nel fosso. L’anno 1623 il nuovo Papa Maffeo Barberini, eletto il 9 Agosto col nome di Urbano VIII, inaugurò una politica di costruzione di nuove chiese; così Il principe Paolo Savelli, signore di Ariccia, si risolse a promuovere la costruzione di una vera e propria chiesa intitolata all’Immacolata Concezione in un pianoro sovrastante il fosso luogo di ritrovamento dell’Immagine dipinta su roccia. Cominciò una raccolta popolare di fondi ed il 15 Agosto del 1624 fu posta la prima pietra della nuova chiesa inaugurata dal Vescovo di Albano Cardinale Gianbattista Deti. Sovrintendente fu designato l’architetto fra Michele da Bergamo, cappuccino, Fabbriciere del Papa. La nuova chiesa Santuario, quindi, sorse in una posizione a mezza via fra gli abitati di Ariccia e Genzano, su un poggio, noto come Montecucco, ovvero Galloro, isolato dai boschi, sopra il valloncello dove era l’Immagine, raggiungibile solo per sentieri.

Fra Michele da Bergamo
Tela di ignoto

Pianta di Chiesa e Monastero
Da C. Fontana 1662

Galloro

Fu naturale affidare il nuovo insediamento ai monaci Vallombrosani, Congregazione riformata Benedettina, con vocazione per le zone boschive. Con rogito del 4 dicembre 1631 fu concesso ai Vallombrosani di costruire il convento a fianco della nuova chiesa, per cui il 17 gennaio 1632 fu messa la prima pietra del convento di cui si conserva il disegno della pianta secondo la idea originale attribuita a fra Michele da Bergamo, però solo parzialmente eseguita nella costruzione Fra Michele da Bergamo Tela di ignoto Pianta di Chiesa e Monastero Da C. Fontana 1662 del primo convento dai Vallombrosani. La prima planimetria di chiesa e convento è attribuita a C. Fontana, disegnata nel 1662. Il 15 maggio del 1633 D. Benigno Bracciolini, Vallombrosano primo Abate del nuovo insediamento, benedì la Chiesa e il giorno seguente con grande solennità e processione fu traslata l’Immagine, tagliata dalla roccia, collocata solennemente quale Icona nell’altare maggiore. Con la cessione del Feudo di Ariccia dai Savelli ai Chigi nel 1661, essendo nuovo Papa dal 1655 Fabio Chigi col nome di Alessandro VII, iniziò un tempo di grandi lavori sotto la direzione dell’arch. Gian Lorenzo Bernini.

Gian Lorenzo Bernini

Il Santuario della Madonna, che Alessandro VII chiamava ‘delle Grazie’, fu completato con la facciata realizzata da Bernini in stile Palladiano e la costruzione all’interno delle prime due cappelle che, così, completarono la navata con tre cappelle per lato; anche le già esistenti cappelle furono abbellite secondo il nuovo stile barocco ed in complesso la chiesa fu degnamente ristrutturata pur mantenendo nell’insieme l’originale impostazione a croce latina con cupola e disegno secondo i dettami architettonici della Controriforma. Variazioni si sono succedute nelle decorazioni interne nel trascorrere del tempo. Nel 1842 fu installato al portale d’ingresso una cantoria sopraelevata con organo a canne per munificenza del principe Alessandro Torlonia; questo organo fu rimosso ai primi del 1900 quando un nuovo monumentale organo a canne fu installato su una nuova struttura dietro e sovrastante l’altare maggiore, inaugurato il 2 febbraio 1907.

Interno Cupola

Navata ed Altare Maggiore

Facciata Chiesa

Nello stesso tempo degli interventi Gian Lorenzo Bernini, con lavori affidati al fratello Luigi, fu tracciata ed aperta una nuova strada che dall’abitato di Ariccia conducesse più agevolmente al Santuario e da lì, proseguendo, verso Genzano. Fu contemporaneamente sistemato un gran piazzale antistante al Santuario a cura di Mattia De Rossi che ebbe indicazioni anche da papa Alessandro VII, “portiamo qualche disegno”, in visita ai lavori. Questo fu un tratto decisivo di una “strada nuova” di collegamento verso sud, verso il Regno di Napoli, nota anche come vecchia ‘strada della Corriera’ ovvero Vecchia Appia, strada tracciata per semplificare il collegamento fra Albano e Velletri ed evitare il percorso corrente in gran parte coincidente con la via dei Laghi, con rampe aspre che salivano a Rocca di Papa. Con Breve dll’8 maggio1662 il pontefice Alessandro VII concesse lo jus di una Fiera Franca da tenersi in occasione della Pentecoste nella quale si celebrava l’anniversario della traslazione dell’Immagine nella chiesa; un celebre dipinto in Sala Maestra a palazzo Chigi in Ariccia, del fiammingo Jan Carel van Eck, riproduce la fiera nel piazzale berniniano davanti al Santuario. Bisognerà attendere la metà del 1800 per vedere nuovi grandi lavori stradali, quando con la realizzazione di ben 5 viadotti e ponti fu realizzata l’Appia Nuova che rese il percorso ancora più agevole e aprì, all’inizio del 1900, la stagione di urbanizzazione del territorio prossimo al Santuario costituendo il borgo di Galloro. La Nuova Appia, però, tagliò il piazzale antistante il Santuario compromettendo la visione sacrale della località. Il Vescovo, Ordinario diocesano di Albano Laziale, in data 15 Agosto 1964, eresse il Santuario di Santa Maria di Galloro a Parrocchia istituendo un Ufficio Coadiutoriale nella Parrocchia stessa. Il 25 ottobre 1964, festa di Cristo Re, la nuova parrocchia iniziò l’attività col primo parroco Padre Nazareno Sartini della Compagnia di Gesù. Con Decreto N.919 del Presidente della Repubblica, come da Gazzetta Ufficiale N. 192 del 2-8-1965, fu ratificato il riconoscimento della nuova parrocchia agli effetti civili. Un ulteriore cambiamento nella storia del Santuario avvenne nel 2004 quando alla amministrazione della parrocchia subentrò il Clero Diocesano, primo parroco don Pietro Massari, mentre i religiosi Gesuiti, che dal 1924 officiavano in Santuario, restarono solo nel complesso del monastero che avevano grandemente ampliato, di fatto realizzando la pianta simile a quella disegnata da C. Fontana, per destinarlo per più di 30 anni a Casa per il Noviziato e Studentato della Provincia Romana della Compagnia di Gesù. Successivamente all’affidamento del Santuario al clero diocesano, i padri gesuiti sono rimasti nel monastero, adibito a Casa ‘Sacro Cuore’ per Esercizi Spirituali, fino alla definitiva chiusura della Casa il 2 ottobre 2016.

Fiera Franca a Galloro

Santa Maria di Galloro e Monastero dei Gesuiti (XX sec.)

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